16.03.2021
Riprendo le mie riflessioni sospinto dal grande fastidio che mi procurano le trasmissioni, sempre più numerose, che sfruttano la triste situazione in cui viviamo a causa della pandemia, per fare audience, coinvolgendo, spero in buona fede, clinici più o meno illustri.
La mia opinione, al riguardo, è che dobbiamo affrontare senza indugio due aspetti, se vogliamo provare a venire fuori dall’immane tragedia che ci attanaglia:
- disporre delle dosi di vaccino idonee per garantire a tutta la popolazione la somministrazione del farmaco;
- disporre di tutti gli operatori necessari per eseguire senza sosta le vaccinazioni.
Mi sembra che tali aspetti siano anche quelli sui quali si sofferma il Presidente del Consiglio e ciò ci dovrebbe tranquillizzare in ordine alla soluzione.
Di fatto, per il primo aspetto abbiamo bisogno di risolvere i termini contrattuali con le case farmaceutiche, definiti fin qui dall’Unione Europea per i Paesi aderenti. Purtroppo, lascia perplessi che Stati Uniti, Israele, Regno Unito, Paesi fuori dall’Unione Europea, abbiano risolto il problema degli approvvigionamenti dei vaccini e riescano, con soddisfazione, a procedere speditamente alle vaccinazioni; e dire che si tratta di Nazioni intensamente colpite dal virus, addirittura in principio anche più pesantemente di tanti Paesi UE.
Quanto ai vaccinatori, superato con il nuovo preposto l’handicap logistico, ritengo che, come avvenuto in talune contingenze di guerra, si possa chiedere agli studenti di medicina dal terzo anno in su di offrirsi per tale servizio, riconoscendo loro un attestato da spendere nel curriculum. È chiaro che dovranno essere preparati da persone già esperte, ma questo non dovrebbe essere un problema rispetto alle carenze di vaccinatori da più parti lamentate.
I predetti problemi sono dell’attualità, ma il dopo non è solo funzione di aiuti finanziari a quanti, e sono molti tra imprese, professionisti e singoli cittadini, risultano pesantemente danneggiati dalle chiusure e, comunque, dagli effetti prodotti dal virus sulla loro capacità di sostentamento.
La mia opinione, lo ripeto per l’ennesima volta, è che non basta distribuire i fondi dell’Europa, quando saranno disponibili, per fronteggiare questa o quella situazione, né è risolutiva la creazione di “buchi” di bilancio per contrastare le sempre più numerose esigenze portate dalla pandemia, quello che è indifferibile è un programma di natura aziendalistica che proietti nel medio termine obiettivi, fonti di finanziamento di ogni specie, con specifica analisi dei piani di rientro, lo sviluppo dell’occupazione, i riflessi sui flussi per le finanze pubbliche. In tale contesto, lo ribadisco, vanno collocati gli investimenti per salvare il territorio italico e, quindi, i tesori che la natura e gli uomini gli hanno conferito.
Al riguardo, è da tempo che assistiamo a danni irreparabili al nostro territorio, sempre attribuiti alla furia degli elementi naturali, dimenticando, però, che a quella furia si poteva o meglio doveva porre se non rimedio preventivo almeno attenzione lavorando a priori sulla manutenzione conservativa dei corsi d’acqua, nonché del territorio in senso proprio.
Tutto questo non esclude le riforme strutturali, anzi le richiede per avere una garanzia sull’“esistenza del domani”.
I tempi, però, stringono ed, a cominciare dalla vittoria nella pandemia attraverso le vaccinazioni, occorre risolvere i problemi in tempi stretti, ritengo perciò che porsi l’obiettivo di avere l’80% della popolazione vaccinata dopo l’estate possa essere già troppo tardi.
Claudio Bianchi