18.02.2021
Il Presidente del Consiglio ha esposto il suo programma al Parlamento, leggendolo al Senato e lasciando lo scritto alla Camera dei Deputati. Nei prossimi giorni conosceremo l’ufficialità delle votazioni, dopo le dichiarazioni di voto e la replica del presidente Draghi.
Diamo per scontata l’approvazione parlamentare, che, secondo le indicazioni delle varie componenti, avrebbe solo il voto contrario di una forza politica e di qualche transfugo dai partiti della coalizione “pro Draghi”.
Io ho seguito con molta attenzione l’esposizione del presidente del Consiglio e sono stato molto lieto di sentir citare, nell’ambito dei problemi ambientali, quello della salvaguardia del nostro patrimonio artistico, culturale e naturale.
Mi è anche piaciuto molto il riferimento temporale, e cioè che la realizzazione dell’indirizzo programmatico prenderà almeno dieci anni. In questo il presidente Draghi ha voluto seguire i tempi che l’Europa tende ad assegnare per il contenimento delle emissioni inquinanti.
Fermo il plauso per la qualità del discorso programmatico, mi viene sempre alla mente il vecchio adagio che sentenzia: “tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare”. Nel caso di specie per l’aziendalista il “mare” è il programma, fatto di numeri e tempi. Questo deve indicare le fonti necessarie per realizzare l’obiettivo o gli obiettivi del piano; le modalità di restituzione di quelle prese a credito; gli effetti sullo sviluppo in termini di nuove imprese e, quindi, di occupazione; l’effetto sulla base imponibile e, di conseguenza, sul prelievo pubblico per finanziare il welfare.
Tale strumento è anche indispensabile per il controllo dell’andamento del piano nel concreto svolgersi delle attività e, perciò, delle sue eventuali correzioni se si riscontra che gli obiettivi non si conseguono.
Purtroppo, cambiano i Governi ma l’idiosincrasia per la programmazione sembra accumularli tutti; del resto un piano fatto di numeri rispetto ad obiettivi da conseguire comporta scelte e queste, per definizione, non possono piacere a tutti, il che può comportare perdita di consensi.
Il caso che qui ci occupa, il governo Draghi, è al riguardo singolare, poiché la compagine ha visto riunite sotto il tricolore forze politiche eterogenee negli obiettivi e nella loro stessa composizione interna. Così, se le finalità di successo indicate dal Premier nel suo discorso programmatico sono applaudite da tutti, che potrebbe succedere se per conseguire una delle stesse si dovesse abolire qualche beneficio o, peggio, selezionare le imprese che non vanno aiutate?
È certo che un piano messo «nero su bianco» farebbe emergere subito le diverse posizioni, mentre l’evidenza contingente potrebbe creare sorprese molto sgradite. Comunque, chi vivrà vedrà e, per quel che mi riguarda, auguro ogni successo all’attuale Governo.
Claudio Bianchi