(5) Segue: Le prospettive…

 

Eccoci a raccogliere sotto l’albero di Natale, spartano come si confà all’attuale periodo recessivo, due sorprese (?!): la dichiarazione della propria candidatura a “premier” alle prossime elezioni da parte del presidente Berlusconi; l’annuncio, più o meno coevo, delle proprie dimissioni da parte dell’attuale premier, il presidente Monti.

 Il secondo evento, come detto, è conseguente al primo, motivo per cui è da questo che deve cominciare l’analisi.

Non mi piace sindacare le scelte individuali, cosicché cercherò di riflettere sugli effetti politici ed economici della decisione del dott. Berlusconi.

La prima conseguenza è la mossa del suo partito di togliere la fiducia all’attuale Governo, che, come ricordato nelle «puntate precedenti», aveva l’appoggio di tutte le forze parlamentari, salvo due quantitativamente poco incidenti.

Il predetto «sasso» non ha provocato solo onde concentriche ma un piccolo “tsunami” in Italia ed all’estero.

In Italia la sintesi della critica è che l’astensione del PDL sulla fiducia vanifica lo «splendido» lavoro del Governo Monti e che, in generale, il ritorno alla candidatura a premier dell’on. Berlusconi ricaccerà indietro il nostro Paese, rispetto alle conquiste di immagine internazionale che il senatore Monti aveva conseguito.

La prova di tutto sarebbe la risalita improvvisa dello spread, ovviamente sul mercato secondario, il 10 dicembre, l’11 l’effetto era già ridimensionato, non così la condanna per la decisione in parola da parte della Cancelliera Tedesca e di alcuni suoi sodali.

Interessante, tra questi, il commento del premier spagnolo, preoccupato perché l’indebitamento dell’Italia avrebbe potuto avere un effetto deflagrante per la posizione finanziaria della Spagna!

L’esclamativo è d’obbligo poiché non mi pare che l’Italia abbia fatto considerazioni analoghe rispetto alla situazione spagnola, nonché, aggiungo, per quella greca, il cui permanere non sembra, però, impensierire il premier spagnolo.

Vengo, ora, alla seconda novità, conseguenza della prima a cui ho accennato.

Il senatore Monti ha annunciato le dimissioni che formalizzerà dopo l’approvazione della legge di stabilità. Interessanti le sue dichiarazioni nel giorno nero dello spread e nel successivo.

Quanto alle prime, evidenziano che la rottura della maggioranza vanifica gli sforzi fatti dal Governo per raggiungere la stabilità dei conti, come i mercati confermano con lo spread in risalita e le borse in picchiata.

Quella del giorno dopo, resa mi pare da Oslo, chiariva che i mercati si erano riposizionati poiché era stata data conferma che l’Italia aveva un Governo nella pienezza delle funzioni, il quale non aveva cambiato la propria rotta.

Una possibile lettura dei due momenti può essere: solo la paventata minaccia della caduta del mio Governo suscita il subbuglio nei mercati e fa stracciare le vesti ai Capi di Stato europei; una mia parola rassicurante calma la tempesta ed immediatamente fa brillare l’immagine dell’Italia.

Il prosieguo nella settimana che precede il Santo Natale è, a mio parere, ancora più agghiacciante. Infatti, tutte le formazioni definite, in via di definizione ed i movimentisti di vario genere sono entrati in campagna elettorale dando contenuto alla stessa solo in funzione di alleanze e di ricerca di leader. Quest’ultimo aspetto, accantonando il tema delle primarie, fa riflettere sulla centralità assunta dal senatore Monti nella strana contesa.

Il presidente Berlusconi, dopo aver sottratto fiducia al “Governo Monti”, costringendo il capo dell’Esecutivo alle dimissioni, proclama che se Monti assumesse la guida di una coalizione dei “Moderati” Lui farebbe un passo indietro.

Furbescamente l’onorevole D’Alema sottolinea al senatore Monti che il PD è il partito che più lo ha sorretto e, quindi, lascia intendere, è da quella parte che dovrebbe ricadere una candidature Monti.

L’interessato non si pronuncia ed ha ragione, perché non esiste solo lo scranno di Presidente del Consiglio, che sarà vacante nella prospettiva elettorale, ma anche quello di Presidente della Repubblica, per la scadenza del “settennato” dell’attuale “Inquilino del Quirinale”.

Tutto questo agita i membri che contano delle due Camere, e per la verità il tifo per il senatore Monti si alza anche forte nelle cancellerie europee che lo hanno visto condividere i loro non sempre disinteressati consigli per il bene dell’Italia.

Le stesse statistiche sulla disoccupazione in crescita, considerando in modo corretto la Cassa integrazione, le prospettive al ribasso del PIL, nonché il dramma ILVA ed i pregressi di Sardegna e delle varie zone del Paese non hanno più prevalenza sulla stampa, mentre il dramma della povertà si consuma sul territorio nazionale.

A me sembra triste verificare la dicotomia tra le preoccupazioni prevalenti nella cosiddetta classe politica e la situazione reale del Paese. In tale contesto mi fa addirittura rabbrividire quella specie di duello tra Berlusconi e Monti, i quali si accreditano come salvatori della Patria dimostrando in ciò più conformità che contraddizioni.

Credo che il commento più corretto sia venuto dal Maestro Muti, quando, al termine del concerto diretto al Senato, concluso con l’inno di Mameli ha commentato, rivolto al Presidente della Repubblica, “non mi pare che l’Italia si sia destata”.

Ritengo che il richiamo possa interessare quel “non partito di maggioranza relativa” al quale ho fatto tante volte riferimento, che per aggregarsi avrebbe bisogno di un programma vero fatto di cifre sugli investimenti, sui finanziamenti, sui ritorni in termini di ripresa economica e, quindi, di occupazione e, prospetticamente, di benessere distribuito.

Affermare ciò è più facile che tradurlo in operatività, ma con il supporto di chi può fornire i dati afferenti l’onere per gli investimenti strutturali irrinunciabili ci si può provare.

 

Claudio Bianchi