07.04.2022
Quello che mostrano i media sono atrocità che forse non hanno l’uguale, ma sembrano ripetersi in una strategia del terrore nell’ambito di una volontaria ritirata da luoghi già invasi.
Se questo è il contesto più recente rimane il fatto che ad esso si è giunti nell’ambito di un conflitto che dura ormai da più di un mese.
Quello che mi fa uscire dai gangheri è che questo tempo è stato usato solo per alimentare programmi televisivi, dirette con esperti o pseudo tali che hanno, in sostanza, sfruttato la tragedia della guerra per farsi notare e, magari, raccontare.
Nessuno, almeno in Italia, ha detto all’invasore, chiamandolo per nome, che deve cessare il fuoco per sedersi al tavolo del negoziato, dove la controparte, dal canto suo, deve essere cosciente che in una trattativa ognuno deve essere disposto a rinunciare a qualche cosa.
In verità non mi sembra che in concreto gli altri partners europei abbiano adottato iniziative diverse, né che i muscolosi statunitensi si siano distinti se non per gli epiteti lanciati all’invasore.
Certo sono state adottate sanzioni economiche contro la Russia di un peso rilevante, ma non si è mai mirato al «cuore» dell’invasore.
Per fare ciò occorre, infatti, essere disposti a soffrire, poiché vuol dire interrompere gli acquisti di carburanti e similia dalla Russia, facendole venire meno oltre un miliardo di euro al giorno.
Il costo di una tale iniziativa è altissimo per chi intende praticarla, poiché significa non disporre del carburante che serve per l’uso domestico ed industriale.
Ma, a mio giudizio, è una rinuncia doverosa per il rispetto dovuto a chi è morto per questa guerra e per chi ne soffre nelle forme più disparate. In altri termini non credo che bastino le frasi di condanna e le poche rinunce sopportate per ottenere qualche risultato concreto in termini di fermo alle sofferenze della guerra, ma occorre dimostrare davvero quella fratellanza alla quale ci richiama il Vangelo ed il Papa, quando lo cita.
Sento qualche voce in linea con quanto esposto, ma mi sembrano esigue minoranze rispetto a chi ha paura di soffrire scontentando l’odiato fornitore di energia.
Le iniziative debbono essere prese senza indugio dai capi di governo delle diverse nazioni, i quali si debbono anche interrogare sull’inutilità dell’ONU, almeno nella formula attuale, ricordando l’insuccesso della Società delle Nazioni di storica memoria.
Ma anche in ciò c’è la terrificante presenza dell’interesse economico, che pare improntare le decisioni al di fuori di ogni barlume di etica. Al riguardo, mi fa paura sentire esperti che prevedono una lunga durata del conflitto, anche oltre l’anno, poiché, se così fosse, vorrebbe dire che in concreto la pace non la vuole nessuno, se non coloro che ogni giorno soffrono e muoiono a causa della guerra.
Claudio Bianchi