Dopo molto tempo ho deciso di riprendere le mie considerazioni sul sistema socio-economico che ci circonda. Il silenzio è figlio della delusione che ho provato constatando che, alla mia richiesta – proposta di costituire un nucleo operativo di trecento/quattrocento persone disposte ad impegnarsi con le loro capacità professionali per dare contenuto ad un programma finalizzato al recupero socio-economico del Bel Paese, si sono praticamente spenti i contatti.
Le persone a me più vicine mi hanno esortato a riflettere sulla circostanza descritta e, quindi, a non riprendere a scrivere le mie riflessioni. Mentre do a loro ragione, esplode la «cagnara» Salvini-Di Maio-Conte, un trio che, nella ricorrenza dei venticinque anni della morte di Domenico Modugno, porta alla mente uno dei suoi capolavori, Rinaldo in campo, e, con riferimento ai tre personaggi citati, la parte della colonna sonora che si riferisce a “tre briganti e tre somari, siamo in tre…”.
La strana situazione che si determina l’8 agosto, mi induce a cercare di capire e per farlo riprendo a mettere su carta le mie conseguenti considerazioni.
In quella data, il leader, o auto ritenutosi tale, della compagine governativa sbotta: accusa l’altra componente di opporsi ad ogni iniziativa e, quindi, dichiara non proseguibile la collaborazione di Governo ed auspica l’immediato ritorno alle urne. Riflettendo sulle ragioni ed i tempi di tale bomba politica, vengono immediatamente alla mente due aspetti: il primo riguarda la scelta di «controparte», cinque stelle, di sottoporre al Parlamento la mozione «no TAV» della Torino-Lione; il secondo concerne proprio il «calendario».
Quanto al primo aspetto, la bocciatura della mozione, peraltro scontata e con il voto contrario del partito di Governo, è stata, per quest’ultimo, la più eclatante dimostrazione della contrapposizione dei Cinque Stelle agli indirizzi della Lega. Mi domando perché il Movimento si sia andato a cacciare in quel “cul de sac” e la risposta relativa alla base che premeva per fermare la TAV, mi convince poco, considerando quanto era in giuoco per l’esperienza governativa.
Circa il secondo aspetto, la scelta del periodo “ferragostano” può essere una drittata: l’opinione pubblica è in vacanza e, perciò, disattenta, mentre i parlamentari possono essere convocati per lavorare con meno riflettori addosso. Ma vale anche il contrario: irrompere sulle sacre ferie scoccia tutti, e può essere un conto da pagare per chi tale situazione ha creato.
Il grido “tutti al voto” mantiene l’attenzione, finché, per me inopinatamente, il comico vate del movimento cinque stelle irrompe, dopo una lunga pausa di silenzio nel contesto politico al grido «no alle urne, salviamo l’Italia».
Il fatto in sé, provenendo da un comico che ha sempre giocato sulla battuta ad effetto, mi lascerebbe indifferente, se non fosse raccolto da pezzi del PD e da altri protagonisti minoritari della confusione politica in atto.
Le prove di alleanza per il Governo a tempo si moltiplicano nei giorni successivi, dove si assiste a nemici pronti a diventare amici, in un contesto aberrante che evidenzia sempre più un paese allo sbando.
Siamo al 12 agosto, vedremo che succederà alla convocazione dei capigruppi e nel rimbalzo delle decisioni al Presidente della Repubblica, il quale, opportunamente, non lascia trapelare nulla in merito a quanto farà nell’ambito dei suoi poteri costituzionali.
Personalmente, non comprendo neanche il giochino sotto traccia delle mozioni contro Salvini e di quest’ultimo contro il Governo, di cui fa parte. È certo che non mi pare corretto lasciare al Viminale il leader della Lega, che potrebbe così gestire la macchina elettorale e, quindi, ritengo che la mozione per la sua rimozione vada discussa prima di quella contro il Governo, ma, a quel che capisco, la mia opinione non incontra favori.
In chiave europea, al di là della candidatura del Commissario e financo del documento di programmazione e del bilancio, ritengo che il ruolo dell’Italia rischia di essere svolto all’interno delle minoranze che contano poco o nulla. Non era certamente questa l’aspettativa dei padri fondatori che, come Spinelli, aspiravano agli stati uniti d’Europa con una posizione preminente per l’Italia, stato costituente dell’Unione Europea. Ma il degrado travolge tutto e l’attuale momento italico ce lo mostra nei suoi molteplici aspetti: morali, sociali, economici.
Andare alle urne fermerà il declino? Purtroppo non credo, perché i soggetti che si presenteranno per gestire il dopo, sono gli stessi ai quali si deve lo sfascio che è sotto i nostri occhi. D’altro canto ho già riferito della mia delusione per la mancata risposta al mio richiamo ad agire, rispetto a 14/17 milioni di italiani che hanno votato per il binomio responsabile dello sfascio e che ha poi litigato, perché uno dei soggetti ha detto basta, la collaborazione è finita, voglio andare alle urne e prendere da solo la maggioranza!
In tale contesto, l’opposizione più rappresentativa, oggi divisa sulla possibilità di proseguire l’esperienza governativa con il nemico reietto dal suo partner nel «gabinetto» fino ad oggi, ha solo saputo denunciare l’ovvietà della pessima amministrazione, ma non ha mai fatto lo sforzo di proporre un programma ad un Governo ombra in grado di gestirlo.
Il contesto descritto conferma che possiamo uscire dal declino solo attraverso una catarsi, che, come credo di aver scritto in altra occasione, non sia violenta ma, comunque, rivoluzionaria nei modi e nelle finalità.
Claudio Bianchi