In relazione ai risultati delle votazioni del 4 u.s. sento forte il dovere di scusarmi per l’errata interpretazione del «non partito», che ho portato avanti in questi anni.
Il mio assunto, infatti, considerava il «non partito» un nucleo addirittura maggioritario che non sopportava l’offerta politica proposta dalle varie forze presenti in Parlamento e non solo. Insomma, pensando troppo a me, ho immaginato che fosse alla ricerca di una soluzione che, carica di valori morali, avesse chiare le esigenze attuali e prospettiche del Paese, avendo le capacità di rappresentarle in un piano da attuare in più legislature. Da qui l’esempio del programma di cui alla mia considerazione n.13 del 20 novembre 2014, poi più volte richiamata nelle successive riflessioni.
Il mio convincimento si era ulteriormente rafforzato nel 2016 quando il «non partito» era tornato a votare per stoppare quel grosso pasticcio di revisione costituzionale.
Non essendosi negli anni successivi modificato il panorama dei partiti, se non per l’avvicendamento della persona del Presidente del Consiglio, dopo la ricordata “debacle” del predecessore paladino del referendum per la modifica costituzionale, e non essendo, quindi, venuta fuori una reale proposta alternativa, mi sarei aspettato, alle votazioni del 4 marzo, il ritorno al non voto del “non partito”.
Invece, questo è divenuto “partito votante” di formazioni politiche che, almeno io, avevo immaginato ritenesse immeritevoli del proprio consenso.
Solo pochi mesi fa, le elezioni in Sicilia avevano evidenziato la presenza alle urne del solo 30% degli aventi diritto al voto, cosicché il vincitore governa in funzione di una sparuta minoranza di elettori. Anche questa circostanza aveva rafforzato la mia “ammirata” considerazione per il ricordato «non partito».
L’affluenza del 73% alle urne per le politiche di questo mese ha letteralmente sconvolto la mia interpretazione del citato «non partito».
Ho cominciato, perciò a farmi tante domande senza trovare tutte le risposte. Al riguardo, il mio problema non concerne tanto la distribuzione del voto quanto il ritorno al voto in sé. Debbo immaginare che abbiano inciso i richiami alla mancanza di etica nel comportamento astensionistico, francamente non lo penso, poiché non potendo esprimere l’elettore il suo giudizio su qualcuno al di fuori dei nomi e simboli già stampati sulle schede elettorali, la mancata condivisione di quanto proposto non può essere giudicata eticamente negativa.
Debbo concludere, quindi, che la mia originaria interpretazione del nucleo formativo del «non partito» era profondamente errata, probabilmente si trattava di un coacervo contrario, aggiungo giustamente, al precedente Presidente del Consiglio, nucleo che ha ribadito nelle votazioni del 4 marzo scorso tale dissenso, rispetto alla campagna elettorale da primo attore attuata dallo stesso.
Ma il ritorno al voto per le formazioni che si sono proposte, cercando voti sulla base di promesse irrealizzabili, non ha prodotto frutti, come era prevedibile, poiché il terreno non era affatto buono.
Non so come andrà a finire e compiango il Presidente della Repubblica chiamato a dare l’incarico per la formazione del Governo. Manca, infatti, una maggioranza possibile con forze politiche quanto meno simili, cosicché si assiste già a trattative tra soggetti diversi, in qualche caso diametralmente opposti.
Sono sicuro, però, che una maggioranza verrà fuori, soprattutto perché l’interesse a far vivere la legislatura è un incentivo sentito più o meno da tutti gli eletti, per ragioni di «prestigio» ed «economiche».
Non possiamo aspettarci una programmazione seria, ma la ricerca di consenso, bilanciato da effetti perversi nella ricerca dei finanziamenti.
Nessuno, infatti, si preoccupa di un’Italia che sprofonda letteralmente insieme alle sue vestigia e si impegna per il rilancio che non può prescindere dal recupero dei valori etici o, se si preferisce, dell’Etica.
Di fronte a tutto ciò, non so perché ma mi viene in mente un film in cui il patriota, prima di morire, guardando la gente che assisteva alla sua esecuzione esclamò: «bonanotte popolo».
Claudio Bianchi