Desidero ringraziare i 57 affezionati che hanno letto la mia precedente «esternazione» e confidare loro, e a chi leggerà questa riflessione, la mia delusione per non aver ricevuto alcuna risposta al mio richiamo agli esponenti nel “non partito” a proporsi per costruire quel nucleo, di 300/400 persone, disposto a mettere a disposizione del Paese le loro specifiche capacità e, nel contempo, a studiare da statisti.
Ho pensato che, forse, non ero stato credibile nelle considerazioni svolte in tutti questi anni, così sono andato a rileggerle e, francamente, mi pare di poter dire che le previsioni si sono sempre rilevate corrette e, questo, mi spaventa per come vedo il futuro del Paese.
Al riguardo, ho riflettuto su alcune notizie di stampa degli ultimi due giorni. La prima faceva riferimento alla «gara a fare di più deficit» ed all’intervista dell’economista USA Dean Baker che sostiene lo sbaglio di «un tetto generalizzato ai bilanci perché bisogna valutare l’economia di ogni Paese». Orbene io ho scritto, proprio all’esordio di questa mia attività di “sfogo” sul sito, che un piano di rilancio socio-economico «dovrebbe fondarsi su investimenti capaci di soddisfare bisogni presenti e sospingere un indotto produttivo, al fine di innescare il meccanismo virtuoso della ripresa economica, la quale, incidendo su occupazione e consumi, genera flussi moltiplicativi di cui beneficeranno anche gli enti pubblici che vedranno elevare la base imponibile e, di conseguenza, il prelievo… Occorre un piano vero espresso da cifre che misurino le uscite e, di converso, le entrate. Per la parte di queste ultime acquisite a credito, il piano dovrà indicare le modalità di rimborso e le fonti dello stesso».
Sostenevo, da Keynesiano, l’ipotesi dell’investimento pubblico finanziato in “deficit spending”, ma sulla base di una programmazione chiara negli obiettivi, nei mezzi e nei termini, che è cosa diversa dall’auspicare un allentamento del vincolo di bilancio per dimostrare elettoralmente che si vuole fare questa o quella spesa oppure diminuire le imposte solo al fine di catturare voti.
Quanto al vincolo di bilancio, mi sono espresso anche su questo tema in epoca non sospetta ritenendo un errore fissarlo come indicatore costituzionale, e cioè privando il Governo di elasticità nell’interpretazione operativa della politica economica.
Ora, come riferito in precedenza, un autorevole economista statunitense considera un errore il tetto che delimita il predetto vincolo generalizzato per tutti i paesi dell’Unione Europea, poiché ognuno può avere distinte esigenze. La prova provata sono il caso Grecia e quello portoghese sui quali non mi intratterrò in questa sede, rinviando, per il primo, a quanto ho scritto nel passato.
Ritengo, quindi, di autoassolvermi rispetto all’idea di aver teorizzato utopie, in quanto la situazione attuale dimostra che avevo colto i problemi ed indicato possibili soluzioni.
Vengo ora al mio appello al “non partito” affinché diventi autenticamente protagonista prima che sia troppo tardi.
Voglio riferirmi, ora, all’appello al voto, «nessuno si chiami fuori», del Presidente della Repubblica riportato con enfasi dalla stampa nazionale.
Va considerato, in proposito, che, chi è disgustato dall’offerta dei partiti che chiedono il voto non può fare altro che astenersi o, comunque, mettere nell’urna una scheda bianca o, annullata. Solo in teoria, infatti, si potrebbe immaginare un’alternativa ai soliti noti che tanto male hanno fatto e potranno ancora fare al Paese, come si evince chiaramente dai loro cosiddetti programmi che, di fatto, sono spot, spesso irresponsabili, di tipo meramente elettoralistico.
Non ci sono più, come ho ricordato nella mia riflessione n.29 del 15 novembre 2017, le condizioni per “turarsi il naso” come invitava a fare Idro Montanelli, né è accettabile l’indicazione di preferenza come male minore cui ha recentemente fatto riferimento Eugenio Scalfari.
L’idea che il «non partito» si impegni facendo arrivare tutto il suo peso con un programma serio e, perciò, convincente è, a mio parere, risolutivo, ma si è in ritardo per la prossima chiamata alle urne, che vedrà, come accaduto recentemente nelle elezioni siciliane ed in altre locali, gioire vincitori i quali, di fatto, esprimeranno minoranze rispetto al corpo elettorale.
Claudio Bianchi