Siamo alla metà di ottobre, con la meteorologia in peggioramento sull’Italia e la monotonia delle informazioni politiche espresse dai media.
Quest’ultima affermazione va precisata, per evitare l’accusa di non saper addirittura leggere. Infatti, il riferimento alla monotonia non riguarda la circostanza che le informazioni sono sempre dello stesso tenore, ma la constatazione che le stesse sono caratterizzate dalla costante alternanza di giudizi positivi e negativi sull’economia nostrana, i quali servono a supportare provvedimenti contingenti del Governo.
Così il cittadino apprende che il prossimo anno usciremo dal tunnel, ma che per conseguire l’obiettivo occorre “non abbassare la guardia” rispetto alle linee di rigore e con queste argomentazioni si giustificano provvedimenti che tagliano ulteriormente la capacità di spendita del consumatore.
In questi giorni, però, è stata annunciata la riduzione delle aliquote IRPEF più basse, aspetto innovativo enunciato con grande “battage”, peccato, però, che tale decisione sia accompagnata dall’aumento dell’IVA nel 2013 e dal taglio di detrazioni ai fini dell’imponibile IRPEF, il cui effetto, peraltro, sarà retroattivo, mentre quello dell’abbassamento delle aliquote sarà, applicato a decorrere dall’anno di imposta successivo!
Le reazioni, suffragate da computi sugli effetti negativi per i contribuenti dei citati provvedimenti, stanno inducendo a modifiche del disposto normativo, ma ciò non cambia l’impressione che chi ci Governa non sa imboccare una strada di politica economica improntata ad un concreto programma di investimenti, per il recupero occupazionale ed il riavvio dell’economia reale.
È legittimo, al riguardo, chiedere: ma come fare? A mio sommesso parere occorre:
individuare i settori sui quali intervenire (la mia opinione l’ho espressa nella prima «puntata» di questa riflessione), valutando l’effetto moltiplicativo degli interventi;
calcolare i relativi costi;
definire le fonti necessarie per finanziare gli investimenti programmati.
D’altro canto, lo stesso prof. Romano Prodi scriveva qualche giorno fa su “Il Messaggero”che la sola politica dei tagli non risolve ma acuisce la recessione: il monito mi sembra autorevole. Peraltro, la scelta di accordare maggior tempo alla Grecia per sistemare i propri conti, onde evitare di far morire di fame il popolo greco appare una conferma che di soli tagli si muore
Rimane, purtroppo, immutata l’immagine dello scollamento tra Governo, Parlamento e cittadini che ho già espresso nelle pagine precedenti di queste mie riflessioni. Ma anche in questo caso, per evitare l’accusa di qualunquismo, è necessario portare qualche «prova». La ricerca, in verità, non è difficile basti pensare alla centralità data al cosiddetto decreto anticorruzione.
È un fatto che gli episodi di cronaca testimoniano che l’Italia si avvia a conquistare un podio tra i Paesi più corrotti del pianeta, tuttavia rimango scettico sul fatto che un nuovo o rinnovato provvedimento normativo concluda la triste “escalation”. Infatti, un altro primato nazionale è la produzione normativa, poiché, per inveterata convinzione, a «casa nostra» si ritiene che ciascun problema possa venire risolto da un provvedimento normativo, mentre, nella maggior parte dei casi la razionalizzazione dell’organizzazione e la conseguente operatività sono la specifica cura.
La questione corruzione non sfugge a questa regola, ma il suo substrato investe un aspetto più complesso che forse impone una catarsi per poi recuperare la gioia dell’etica e tutto ciò non si realizza attraverso un apparato normativo, ma con la riacquisita convinzione che agire secondo principi morali rende tutti veramente più ricchi. Dove il concetto di ricchezza travalica il valore materiale.
In assenza di tale recupero morale, sarà anche inutile legiferare sulle condizioni di candidabilità a cariche pubbliche, poiché il «corrotto» saprà furbescamente organizzarsi perché un suo adepto sia candidato, con la conseguenza che la spartizione del prezzo della corruzione farà lievitare quest’ultimo.
Ecco perché ho usato il termine catarsi, ma sarebbe auspicabile un’auto catarsi, con la rinuncia degli attuali “capi”, relativi colonnelli e reggi borse al proprio ruolo per favorire l’avvento di persone autenticamente nuove nel sentire e nell’essere.
Queste potrebbero essere coagulate intorno ad un programma vero, fatto di obiettivi, tradotti in cifre e presentato con la semplicità che scaturisce dalla verità.
Claudio Bianchi