Questa volta inizio le mie riflessioni con una nota di grande amarezza, poiché debbo onestamente prendere atto che, salvo un’eccezione alla quale devo tutta la mia gratitudine, non ho ricevuto alcun riscontro alla mia precedente «esternazione».
Per mero senso di onestà intellettuale, confesso che ho analizzato il silenzio di cui sopra ripercorrendo quanto avevo scritto. Ebbene, sono giunto alla conclusione che l’elemento nuovo da me proposto era il forte richiamo a verificare attraverso il “passa-parola”, se ci fosse condivisione al disegno economico-sociale che andavo proponendo, ricevendo il consenso di chi, fino all’ultimo episodio, mi aveva condiviso e addirittura sospinto a continuare.
Debbo confessare che i miei contatti giornalieri con varie persone di diversa estrazione ed approdo socio-economico, conferma, purtroppo, quanto deduco dalla mancanza di risposta al mio richiamo. Infatti, serpeggia, specie tra chi ha un certo rilievo, il gradimento per il Governo o meglio per chi lo presiede, assunto come il decisionista che occorre al Paese.
Io, purtroppo, non capisco, giacché non vedo un progresso, che è uno: siamo in Europa, ma come ho già evidenziato in precedenti considerazioni non contiamo nulla ed il caso migranti ne è la più palmare dimostrazione; le riforme non ci sono o se sembrano esserci non producono frutti, parlo, senza volermi ripetere, delle Provincie abolite (?!), del Senato che dovrebbe essere (!!), della scuola, argomento che mi sta particolarmente a cuore, del fisco. Su quest’ultimo tema desidero tornare, poiché le “Sirene” indicano ai cittadini che le imposte sono ridotte, ma questi, nell’ora del pagamento ormai scoccata, non se ne accorgono.
Il gioco della disinformazione è perverso, poiché anche di fronte a riduzioni di aliquote, si predispongono pesanti contrazioni di detrazioni la cui somma algebrica risulta un ulteriore gravame.
In merito alla cattiva o distorta informazione torno anche con riferimento al jobs act, che non mi pare sia andato, almeno allo stato, al di là di un effetto di stabilizzazione del precariato, e cioè al cambiamento di contratto per chi il lavoro già lo aveva.
Eppure anche l’Europa, che ci tratta come una nullità, ci esorta, ai massimi livelli, ad andare avanti con le riforme ed a rispettare il patto di stabilità e noi ci dibattiamo in tali ambiti, senza che chi ci governa abbia il coraggio di presentare un piano di investimenti che impedisca al Paese di sprofondare, anche fisicamente.
Il Governo è, comunque, nervoso per la tornata elettorale locale di maggio-giugno, ma io rilevo che aumenta l’astensione, facendo crescere il tante volte da me evocato “non partito di maggioranza”, una volta relativa, senza, però, sospingere gli esponenti dello stesso ad un impegno per verificare come rimediare alla situazione di recessione economica e morale che ci attanaglia.
Claudio Bianchi